“E’ stato senza dubbio il miglior difensore che ho incontrato in tutta la mia carriera”: con queste parole Pelé definì il più forte difensore che l’Inghilterra avesse mai conosciuto. Quel giocatore - che vestiva sulle spalle il numero 6 - condusse i 3 Leoni alla vittoria della prima e sinora unica Coppa del Mondo nel 1966. Il suo nome era Bobby Moore, mito e bandiera del West Ham dal 1958 al 1974.
Nato nella periferia londinese di Barking il 12 aprile 1941, Moore entrò giovanissimo nelle giovanili degli Hammers, esordendo a 17 anni con la prima squadra l'8 novembre 1958 contro il Manchester United e diventando da subito un titolare inamovibile grazia alla sua capacità di leggere la gara e il gioco d'anticipo. Dopo un inizio nel ruolo come seconda punta, con il passare del tempo e grazie ad un forte spirito di sacrificio passò al ruolo di difensore centrale. E fu giocando in questa posizione che raggiunse la totale consacrazione. Le sue doti principali erano una buona tecnica di base, grande rapidità, tempismo negli interventi sull’uomo (i suoi tackle erano impeccabili), precisione nei lanci, dinamismo straordinario, un eccellente visione di gioco e un’innata capacità di incoraggiare i suoi compagni. La convocazione in nazionale non tardò ad arrivare e Moore vi esordì il 20 maggio 1962 a Lima contro il Perù, per poi disputare i successivi mondiali in Cile nello stesso anno, nei quali l’Inghilterra fu eliminata ai quarti di finale. Divenne infine capitano alla sua dodicesima presenza in nazionale, il 20 maggio 1963 contro la Cecoslovacchia, e da lì fino al 1973 la fascia rimase saldamente legata attorno al suo braccio per un totale di 108 partite e due gol realizzati. Con la maglia del West Ham, Moore vinse tre trofei nel giro di due anni: dapprima arrivò la Coppa d’Inghilterra nel 1963-64, seguita nel 1964 dal Charity Shield ed infine dalla Coppa delle Coppe nel 1964-65. Era solo l’inizio, perché fu nella stagione seguente che Moore conobbe l’apice della sua carriera. Era tempo di Mondiali, che questa volta si sarebbero tenuti in Inghilterra. La parola d’ordine era riscattare il deludente risultato ottenuto nell’edizione precedente. E fu proprio quello che avvenne: Moore – che era stato sull’orlo di lasciare il West Ham salvo poi fare marcia indietro - guidò i 3 Leoni alla vittoria per 4-2 nella finale contro la Germania Ovest il 30 luglio 1966 sul prato di Wembley. Durante la premiazione, egli ricevette dalla Regina Elisabetta II la Coppa del Mondo (che fino al 1970 si chiamava Coppa Rimet). Fin qui nulla di strano, se non fosse che si trattava di una copia: l’originale era infatti stata rubata da ignoti durante un’esposizione al pubblico il 20 marzo e ritrovata una settimana dopo nascosta sotto una siepe in un parco del Sud di Londra. Come misura di sicurezza e nell’eventualità che la Coppa non fosse trovata in tempo per la finale, la FA chiese alla FIFA l'autorizzazione per creare una replica del trofeo da usare durante le celebrazioni post partita. Il permesso fu negato, ma la copia venne comunque commissionata in segreto ad un gioielliere londinese e da questi realizzata in bronzo dorato. La replica della Coppa Rimet fu utilizzata fino al 1970, anno in cui il Brasile ne divenne il legittimo proprietario avendola vinta tre volte per primo. A partire dal successivo Mondiale in Germania Ovest del 1974 venne così istituita la nuova e attuale Coppa del Mondo FIFA.
Quattro anni dopo la salita sul tetto del mondo, l’Inghilterra dovette difendere la Coppa conquistata durante i Mondiali del 1970 in Messico.
Moore venne confermato ancora capitano ed in questa circostanza fu protagonista di uno spiacevole e curioso episodio. Il numero 6 della nazionale venne infatti accusato ingiustamente di aver rubato un bracciale in una gioielleria di Bogotà – dove la squadra stava svolgendo la preparazione atletica per abituarsi a giocare a latitudini elevate - finendo addirittura per trascorrere qualche giorno agli arresti domiciliari presso l’abitazione di un agente federale colombiano. Il manager Alf Ramsey decise di partire alla volta del Messico, lasciando il proprio capitano a Bogotà in attesa di sviluppi.
Le accuse vennero successivamente lasciate cadere, Moore fu pienamente scagionato e gli fu permesso di raggiungere i suoi compagni di squadra in Messico. Nell'incontro del girone eliminatorio contro il Brasile, Moore affrontò il grande Jairzinho con tale precisione e pulizia che quell’intervento perfetto venne considerato irripetibile e fu continuamente proiettato nelle scuole calcio inglesi. Il Brasile vinse comunque l'incontro, ma anche l'Inghilterra si qualificò per la fase successiva. L’eliminazione arrivò però nei quarti di finale per mano della Germania Ovest, che si prese la rivincita per la sconfitta subita in finale nella precedente edizione. Moore era ormai alla fine del suo percorso con la nazionale e la sua ultima apparizione con la maglia dell'Inghilterra avvenne nel novembre 1973 nella storica amichevole contro l'Italia vinta dagli azzurri per 1 a 0 con gol di Capello.
Il 14 marzo 1974 Moore chiuse dopo 15 anni il suo matrimonio con il West Ham e passò al Fulham, che allora militava in Second Division, per 25000 sterline. Durante la stagione 1974-75, la squadra raggiunse la finale dell'FA Cup, dove Moore incontrò proprio il West Ham. Non ci fu però il lieto fine, in quanto furono gli Hammers ad avere la meglio per 2-0.
Moore giocò la sua ultima partita da professionista per il Fulham il 14 maggio 1977 contro il Blackburn Rovers. Successivamente giocò nella North American Soccer League per un paio d’anni, prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo nel 1978.
La vita dopo il calcio fu difficile e piena di eventi, con affari andati male e la fine del suo matrimonio. Dopo una breve esperienza come analista e commentatore calcistico, Moore scoprì di avere un tumore al colon e venne operato il 22 aprile 1991. La malattia non si diede per vinta e ricomparve nel 1993, quando Moore rivelò di avere il cancro all’intestino. Alla fine il difensore che per tanti anni aveva creato una diga davanti alla porta del West Ham e della nazionale si arrese alla partita più importante della sua vita e morì a Londra il 24 febbraio 1993, una settimana dopo aver commentato il successo dell’Inghilterra sul San Marino per 6-0. Negli anni a venire non mancarono le onorificenze nei suoi confronti: fu inserito nel 2002 nella Hall of Fame del calcio inglese e gli venne intitolato il settore di Upton Park riservato ai tifosi più passionali del West Ham, che prese quindi il nome di Bobby Moore Stand. Nel 2008 la dirigenza degli Hammers comunicò di aver ritirato la maglia numero 6. Ma il ricordo più grande gli venne tributato a Wembley, con l’erezione di una statua in bronzo raffigurante Moore posta fuori dallo stadio che lo aveva visto alzare al cielo la Coppa del Mondo nel 1966. Non mancò infine il pensiero di Alf Ramsey, che lo definì “il mio capitano, il mio capo, il mio braccio destro. Era lo spirito e il cuore pulsante della squadra, il professionista supremo, il migliore con cui abbia mai lavorato. Senza di lui l'Inghilterra non avrebbe mai vinto la Coppa del Mondo”. Il calcio aveva perso forse il miglior difensore di sempre, ma la memoria di Bobby Moore è rimasta lì, all’esterno del tempio di Wembley, scolpita nella frase che accompagna la sua statua:
“Calciatore immacolato. Il difensore imperiale. Eroe immortale del 1966. Primo inglese a sollevare la Coppa del Mondo. Figlio preferito dell’East End di Londra. Leggenda del West Ham United. Tesoro Nazionale. Maestro di Wembley. Signore del gioco. Capitano straordinario. Gentiluomo di tutti i tempi”.
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