Un giorno di festa che si trasformò
in un giorno di morte. Una data che segnò l’anno zero del calcio inglese.
Sheffield, stadio di Hillsborough. 15 aprile 1989. Oggi sono 26 anni da quel
maledetto giorno che sconvolse l’Inghilterra ed il mondo intero. Da allora,
Hillsborough – impianto di proprietà dello Sheffield Wednesday – è diventato
simbolo di dolore e morte ogni qualvolta lo si senta nominare. Un nome che fa
gelare il sangue a tutta Liverpool anche a distanza di così tanto tempo.
Perché
in città nessuno si è mai dimenticato di quelle 96 vittime che partirono
festanti in un pomeriggio primaverile e non fecero mai più ritorno a casa.
Calpestate, soffocate ed uccise in modo assurdo da una folla incontrollata che
premeva per entrare nel proprio settore prima della semifinale di FA Cup contro
il Nottingham Forest. I colpevoli? In un primo momento tutti accusarono gli
stessi tifosi dei Reds. Ma realtà dei
fatti era ben altra cosa: a risultare letale fu il pessimo servizio di
sicurezza attuato dalla polizia, che si fece scivolare di mano la situazione. Una
verità che rimase nascosta per tanto, troppo tempo. Una verità che, forse,
entro la fine dell’anno tutti potrebbero però finalmente conoscere.
Cronaca di un disastro
Il 15 aprile 1989 doveva essere un
giorno di festa. Si disputava alle ore 15 sul campo neutro dell’Hillsborough
Stadium la semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest, club allora dominatrici
della scena nazionale inglese. In palio c’era la finale a Wembley contro la
vincente dell’altra semifinale tra Everton e Norwich City.
La partita era molto sentita da
entrambe le parti, dal momento che – complice l’esclusione dalle coppe europee
di tutte le squadre inglesi per i fatti dell’Heysel – l’unico trofeo nazionale
di un certo livello, oltre al campionato, era rappresentato dalla FA Cup. Il Forest l’aveva vinta per l’ultima volta nel 1959, mentre i Reds si erano imposti contro i cugini
dell’Everton nel 1986.
L’assegnazione dei settori dello
stadio suscitò sin da subito parecchie perplessità: ai tifosi del Liverpool – storicamente
noti per essere una delle tifoserie più rumorose e massicce d’Inghilterra –
venne affidata l’angusta curva chiamata Leppings Lane, con una capienza di
appena 15.000 posti e dotata di soli 6 ingressi, mentre al Nottingham fu
riservata la ben più grande Spion Kop End con 21.000 posti e ben 60 ingressi.
Ai sostenitori venne imposto di
presentarsi muniti di biglietto almeno quindici minuti prima dell’ingresso del
match, previsto per le ore 15, ma a causa di lavori lungo l’autostrada che
collega Liverpool a Sheffield moltissimi tifosi si recarono in netto ritardo
rispetto all’orario previsto.
Circa 5000 persone si ritrovarono
sugli usci della curva e in breve tempo si venne a creare una calca pericolosa.
La polizia – che mai si sarebbe aspettata di fronteggiare una simile situazione
– commise l’errore che si rivelò fatale per 96 persone: decise di aprire un grande
cancello d’acciaio, il Gate C, pensando di riuscire a smaltire la congestione
creatasi davanti agli ingressi della Leppings Lane. In realtà, il Gate C dava
accesso ad un tunnel piccolo e stretto che sfociava al centro della curva.
Molti tifosi si riversarono al suo interno, credendo così di evitare ulteriori
code.
Le parti centrali della Leppings
Lane erano però già piene due volte la capienza massima, ma la folla
all’interno del tunnel continuò a premere. La ressa che ne scaturì costituì
quindi una trappola mortale che impedì ogni via di fuga. Molte persone
iniziarono ad essere schiacciate e soffocate, alcuni cercarono una via di
salvezza rifugiandosi nella sovrastante West
Stand o urlando invano agli ufficiali collocati a bordo campo di aprire i
cancelli per permettere il deflusso sul terreno di gioco. La ressa generatasi
nel settore era di una tale intensità che le facce di alcune persone furono
letteralmente pressate e deformate contro le maglie della recinzione. Fu presto
chiaro a tutti i tifosi stipati nella curva che in quella situazione
apocalittica molti stavano morendo e tanti altri si trovavano a combattere con
tutte le proprie forze per cercare di sopravvivere. La partita era nel frattempo
iniziata regolarmente, dal momento che nessuno si era accorto di quel che stava
succedendo nella Leppings Lane.
Dopo sei minuti dall’inizio del
match un ufficiale di Polizia avvisò l’arbitro Lewis che alcuni tifosi erano in
procinto di invadere il campo e il direttore di gara sospese l’incontro. Tutto
fermo, non si gioca più. Ma ecco che entrò in gioco quell’atteggiamento noto
come “psicosi da hooligan”: gli
ufficiali di polizia fraintesero la situazione – pensando che si trattasse di
un’incontrollata invasione di campo della tifoseria del Liverpool – e
respinsero nella curva della morte numerosi supporters
che cercavano solo di mettersi in salvo; moltissimi restarono così chiusi alla
spalle da una massa di gente che premeva e davanti da un cordone di poliziotti
che impediva l’accesso al campo.
Quando poi alcune persone in preda
al panico iniziarono a creare dei buchi nelle recinzioni laterali, ci si rese
conto della reale situazione e solo allora le forze dell’ordine aprirono i
cancelli permettendo il deflusso.
Una volta diluita la calca, si
presentò uno spettacolo raccapricciante: corpi di giovani, bambini, donne e
adulti giacevano esanimi o gravemente feriti nella Leppings Lane e nel tunnel
del Gate C.
Anche in questo caso emerse
l’impreparazione delle forze dell’ordine, che crearono un inutile cordone per
evitare eventuali quanto impossibili contatti tra le due tifoserie, rallentando
l’arrivo dei mezzi di soccorso in campo.
Il bilancio finale fu spaventoso:
morirono quel giorno in 94, mentre un ragazzo spirò pochi giorni dopo in
ospedale e 4 anni più tardi anche l’ultimo sopravvissuto si arrese. Di queste
96 vittime, addirittura 79 erano sotto i trent’anni; i feriti furono 766 e nei
giorni seguenti si sprecarono insinuazioni per stabilire di chi fosse la
responsabilità dell’accaduto.
Il caso Sun
I maggiori tabloid non persero
tempo e si occuparono immediatamente del caso. Le prime reazioni da parte della
stampa volsero su posizioni di accusa nei confronti dei tifosi. Quotidiani come
il Daily Star, il Manchester Evening News e l’Evening Standard descrissero i
sostenitori del Liverpool come dei violenti, asserendo che gli stessi avessero
sfondato il Gate C entrando in un numero spropositato nella Leppings Lane privi
di biglietto.
Ma il peggio doveva ancora
arrivare: quattro giorni dopo la tragedia, il Sun pubblicò un’edizione deplorevole dal titolo The Truth. Così come nel caso degli
altri tabloid, si incolpavano i tifosi del Liverpool per quanto successo
descrivendo gli stessi come dei violenti ubriachi. Essi avrebbero nella
fattispecie attaccato i soccorritori, urinato sui cadaveri e sfilato persino i
portafogli dalle tasche delle vittime. Queste dichiarazioni vergognose e
infamanti straziarono ulteriormente un’intera città, che si sentì denigrata ed
offesa per una serie di calunnie totalmente inventate. Divampò l’indignazione
tra tutti i tifosi inglesi, non solo di fede Reds, che si strinsero idealmente attorno alle famiglie delle
vittime esprimendo a più riprese la propria solidarietà. A Liverpool iniziò nel
frattempo un’attiva opera di boicottaggio contro quel giornale intitolata Don’t buy The Sun.
Da allora, le vendite del Sun sono drasticamente calate in tutta
la città: sono pochissimi gli abitanti che ancora oggi comprano quel giornale,
così come sono invece numerose le cartolerie che hanno deciso di rimuovere
completante dai propri banconi il tabloid che infangò una comunità intera.
Il Taylor Report
In seguito alla strage di
Hillsborough, la Camera dei Lord assegnò al Lord
Peter Taylor il compito di indagare sull’accaduto. Si arrivò così
all’emanazione del Taylor Report, nel
quale si esprimevano anche pesanti critiche verso i club, la Football
Association, la Football League, la polizia ed i tifosi per quel clima di
tensione creatosi prima di quel tragico 15 aprile. Taylor riconobbe inoltre la
sciagurata gestione dell’emergenza da parte delle forze dell’ordine, ma le
inchieste che seguirono non resero mai pienamente giustizia alle 96 vittime.
Oltre a chiarire cause e responsabilità di quanto successo, il Taylor Report ridisegnava le norme di
sicurezza (ancora in uso oggi) negli stadi inglesi. Si riconosceva inoltre che
la maggior parte dei tifosi era composta da individui pacifici e si sollecitò
lo Stato ad eliminare quella minoranza di violenti responsabile di incidenti e
risse. Taylor invocò maggior sinergia tra le società e i propri supporters, chiedendo al tempo stesso
che le forze dell’ordine utilizzassero l’arma del dialogo e della
collaborazione con i tifosi anziché la sistematica repressione. In ultimo, i
prezzi dei biglietti sarebbero dovuti rimanere bassi per permettere l’accesso
allo stadio a ciascuna fascia sociale e il bagarinaggio divenne un reato
perseguibile penalmente. Il Taylor Report
fu pubblicato in via definitiva nel gennaio 1990 e nel dettaglio prevedeva:
- obbligo per tutti gli stadi di possedere posti a sedere per gli spettatori muniti di biglietto;
- eliminazione di barriere tra campo e tribuna, stadi con almeno 20mila posti per club delle prime due divisioni inglesi e dotati di telecamere a circuito chiuso;
- responsabilizzazione delle società a cui è stata affidata la sorveglianza all'interno degli impianti attraverso la presenza di stewards privati in collegamento via radio con la polizia presente solo all'esterno degli impianti;
- divieto per le società di intrattenere rapporti con i propri tifosi;
- creazione di una squadra speciale di sorveglianza nazionale anti-hooligans: la National Football Intelligence Unit costituita da Scotland Yard nel 1989. Un agente è affidato a ognuna delle 92 società professionistiche e si occupa, viaggiando sempre al seguito della tifoseria, della schedatura dei tifosi violenti.
Il Rapporto Taylor puniva gli hooligans con pene assai severe: il
divieto di accesso agli stadi poteva arrivare fino a dieci anni e poteva essere
applicato anche a chi aveva commesso infrazioni in occasioni diverse da eventi
sportivi. Tra i reati che facevano scattare il divieto di accesso allo stadio
vi erano i cori e gli atteggiamenti razzisti, l'ubriachezza o il possesso di
alcolici, di razzi o fuochi d'artificio.
Il costo dell’intervento per
attuare le direttive impartite da Taylor venne stimato in circa 750 milioni di
sterline, di cui quasi la metà spesi nella ristrutturazione degli stadi, e tali
spese furono finanziate in gran parte dalle stesse società calcistiche, essendo
gli impianti sportivi in Inghilterra tutti di proprietà dei club. Il prezzo dei biglietti aumentò notevolmente nel corso degli anni (anche se Taylor aveva
chiesto l’esatto contrario) per scoraggiare l’accesso dei violenti allo stadio,
appartenenti soprattutto a fasce proletarie della popolazione, e vennero create
vere e proprie celle all’interno degli stadi dove detenere i trasgressori, in
attesa del processo per direttissima del giorno dopo. Laddove Taylor chiedeva
maggior chiarezza nelle indagini, lo Stato rispose con ingenti misure di
discriminazione verso i tifosi, considerati erroneamente la causa di quanto
accaduto.
The (Real) Truth
La reale verità sull’andamento dei
fatti emerse invece 23 anni dopo la strage, il 12 settembre del 2012. A seguito
di una petizione popolare firmata da 100mila persone, vennero rese note le
400mila pagine riguardanti le indagini sull’Hillsborough. La tifoseria dei Reds
venne definitivamente assolta dalla consapevole opera di
disinformazione messa in atto dal governo conservatore della Thatcher e
si accertò la responsabilità delle forze dell’ordine, sia al momento della
strage che nel tentativo a posteriori di coprirla falsificando ben 164 tra
referti e documenti. Il premier David Cameron chiese apertamente scusa ai
parenti delle vittime “per la doppia
ingiustizia: l'incapacità di proteggere le vite dei loro cari e l'imperdonabile
attesa per arrivare alla verità”.
Si scoprì inoltre che 59 delle 96
vittime erano ancora in vita quando il pubblico iniziò a riversarsi in campo, e
41 di esse avrebbero potuto essere salvate se fossero stati prestati loro cure
tempestive (cosa che invece non avvenne poiché la polizia rallentò le
operazioni di soccorso).
Le forze dell’ordine dunque
mentirono e la tragedia venne strumentalizzata per orientare favorevolmente
l'opinione pubblica britannica verso una stretta repressiva nei confronti degli
hooligans, portata avanti dal governo dell'allora primo ministro
Margaret Thatcher. I processi cominciarono dunque nel marzo 2012 e paiono
destinati a durare almeno fino al dicembre 2015. Soltanto allora il mondo
intero conoscerà ufficialmente i reali colpevoli di quella che rimane
considerata la peggior tragedia nella storia dello sport inglese.
Never forgotten
Nessuno a Liverpool si è mai
dimenticato di quella tragedia. Passeggiando per le vie della città, nei negozi
ufficiali del club e soprattutto nei pressi di Anfield, aleggia ovunque il
ricordo di quel drammatico giorno. I tifosi della Kop non hanno mai smesso di
commemorare con una cerimonia toccante le vittime dell’Hillsborough. In quel
settore l’orologio è rimasto fermo alle 15.06 del 15 aprile 1989 e ogni anno
Anfield si riempie di lacrime, rabbia e rispetto sotto lo slogan “JFT96”,
Justice for the 96, il comitato nato per aiutare i parenti delle vittime nella
ricerca di una verità troppo a lungo negata e nascosta.
Sullo stemma del club campeggiano
inoltre dal 1989 due fiamme, aggiunte in memoria delle 96 vittime, e
dall’aprile 1999 a Hillsborough è presente un monumento accompagnato da una
lapide che recita: “In memoria dei 96
uomini, donne e bambini che sono morti tragicamente e le innumerevoli persone
le cui vite sono state cambiate per sempre. You’ll never walk alone”.
Gli angeli di ieri camminano
insieme ai tifosi di oggi. E vivono nei cuori di chi non ha mai scordato quella
terribile giornata. Hillsborough, 15 aprile 189. JFT96
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