lunedì 13 aprile 2015

L’epopea di Denis Law: dalla Holy Trinity a quel gol che mai avrebbe voluto segnare





Uno degli aspetti più romantici del calcio è dato dalla possibilità di creare dei legami tra un giocatore e il suo club che niente e nessuno potrà mai separare. Legami talmente forti da resistere anche alla peggiore delle offese. Persino se l’offesa in questione è un gol talmente bello e crudele da condannare alla retrocessione una squadra con cui hai vinto quasi tutto, titoli individuali compresi. Circoscriviamo questo scenario già di per sé incredibile in un derby di Manchester della primavera del 1974 e otteniamo l’intreccio perfetto di una storia folle e incredibile. Una storia che unisce e divide, nel segno di un calciatore dalla capigliatura bionda e dal sangue scozzese. Il suo nome è Denis Law, l’uomo delle due Manchester. Icona e leggenda dello United, Re di Old Trafford che prima di terminare la propria carriera giustiziò il suo vecchio club indossando l’altra maglia, quella blu del City.


Denis Law nacque ad Aberdeen il 24 febbraio 1940 ed esordì come professionista tra le fila dell'Huddersfield Town il 24 dicembre 1956. Le sue ottime prestazioni convinsero Matt Busby a convocarlo nella Nazionale scozzese, con la quale debuttò a soli diciotto anni, sette mesi e diciotto giorni (record per la rappresentativa scozzese) il 18 ottobre 1958 contro il Galles, segnando subito all’esordio. Nel 1960 passò al Manchester City, ma l’esperienza con i Citizens durò soltanto una stagione, sufficiente per permettere a Law di mettere a segno 23 gol in 50 presenze.
Nel 1961-62 venne il momento di lasciare l’Inghilterra e di approdare al Torino per la somma di £110.000. La parentesi in maglia granata fu tutto sommato discreta e Law finì per 10 volte nel registro dei marcatori a fronte di 27 partite disputate.
Dopo un solo anno nel campionato italiano, il giovane scozzese fece ritorno nella fredda e nebbiosa Manchester. Ad attenderlo stavolta non c’era più il City, ma il rosso delle maglie dello United. Fondamentale ai fini del trasferimento fu la volontà di Matt Busby di averlo con sé, tanto da convincere la dirigenza a versare nelle casse del Torino £115.000. Il fiuto del manager nello scovare giovani talenti si rivelò azzeccato e per Law iniziò un periodo di 11 anni costellato di successi. Fu la svolta: in pochi anni il giovane scozzese (che all’epoca dell’arrivo a Old Trafford aveva solo 22 anni) formò un tridente d’attacco che ancora oggi a sentirlo nominare fa venire i brividi. Lo ribattezzarono The Holy Trinity. A comporlo, Denis Law, Bobby Charlton e George Best. Tre tra i più forti attaccanti nella storia dello United che misero assieme un totale di 665 gol.

Diventarono subito delle leggende tuttora ricordate e venerate a Old Trafford (tanto che al di fuori dello stadio venne edificata una statua in loro memoria), e Denis Law non tardò a far capire al mondo di che pasta fosse fatto. Le sue prestazioni straordinarie consentirono al Manchester United di vincere la FA Cup nel 1963 e di aggiudicarsi il Pallone d’Oro nel 1964. La sponda rossa di Manchester si fece rapire dalla classe e dalla tecnica di quello scozzese fortemente voluto da Busby, uno che con i giovani ci ha sempre saputo fare. Il passo seguente fu breve: Law divenne talmente amato dalle parti di Old Trafford che i tifosi iniziarono a idolatrarlo come un re e l’appellativo di The King ne fu la più scontata delle conseguenze.
Il 1964 divenne l’anno della consacrazione e le successive stagioni furono un monologo di soddisfazioni. Guidati dai gol della Holy Trinity, i Red Devils vinsero la FA Cup nel 1963, il titolo nazionale nel 1965 e nel 1967, per poi toccare l’apice con il successo in Coppa dei Campioni nel 1968.
Eppure, quella magica vittoria a Wembley contro il Benfica di Eusebio (alla quale Law non prese parte a causa di un infortunio) fu considerata l’inizio della fine: nei sei anni che seguirono i problemi e gli addii furono all’ordine del giorno. Sir Matt, coronato il sogno di alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie stroncato solo dieci anni prima dalla strage di Monaco, non riescì a trovare le motivazioni per continuare e lasciò la panchina nel 1969. Diversi giocatori appesero le scarpe al chiodo, compreso Bobby Charlton che disputò l’ultima partita in maglia United nel 1973. Lo scioglimento della Holy Trinity chiudeva un periodo di vittorie durato quasi undici anni, dando avvio a un lento ma inesorabile processo di disfacimento. I rimpiazzi non furono all’altezza e i risultati ne furono la testimonianza lampante. George Best aveva nel frattempo iniziato la sua folle corsa verso la cirrosi epatica e nel 1974 lasciò lo United, cominciando un vagabondaggio lungo 10 anni tra Scozia, Stati Uniti, Inghilterra e Sudafrica per finanziare l’autodistruzione.

Dei tre fenomeni che incantarono Old Trafford rimase solo lui, Denis Law. Nonostante fosse tormentato da continui problemi alle ginocchia, The King continuò a giocare e segnare valanghe di gol (in totale il computo finale fu di 171 in 309 presenze).
La svolta era però dietro l’angolo e i continui cambi di allenatore ne furono un sinistro presagio. A Busby succedette il giovane Wilf McGuinness, ex allenatore della squadra riserve, la cui esperienza durò soltanto un anno, al termine del quale venne rimpiazzato dallo stesso Busby. Nel 1971 toccò a Frank O’Farrell prendere le redini del club, ma anche in questo caso la sua avventura fu infelice e durò meno di una stagione, collezionando peraltro 7 sconfitte di fila tra gennaio e febbraio. Siamo nel 1972, anno che diventerà decisivo per il futuro di Law. Lo scozzese propose per la panchina il nome di Tommy Docherty, con il quale aveva lavorato in passato nella Nazionale scozzese.
Fu la scelta che segnò l’epilogo della sua esperienza allo United: la squadra iniziò una discesa verso i bassifondi della First Division e le promesse di miglioramento nella seconda parte di stagione non vennero mantenute. Nonostante tutto, i Red Devils raggiunsero la salvezza, ma per Law l’avventura era giunta al capolinea. Dopo una stagione travagliata, continui problema alle ginocchia e il riacutizzarsi dei soliti infortuni, l’ allenatore decise che non era più conveniente tenerlo sotto contratto. Law venne così inserito nella lista trasferimenti. E successivamente venduto. A costo zero, al Manchester City. La stessa squadra in cui aveva avuto inizio la sua carriera nel mondo del grande calcio. Era la fine di un ciclo durato 11 stagioni: il cerchio si chiudeva esattamente nello stesso punto in cui era cominciato.
Fu un colpo al cuore, per lui e i tifosi. Il Re fu spodestato e scaricato senza tanti complimenti alla corte degli acerrimi rivali.

Si aprì dunque la stagione 1973-1974, e per i Red Devils fu l’ennesimo disastro: con 7 sconfitte nelle prime 12 partite, la cessione di Law si fece sentire così tanto che uno dei capocannonieri della squadra, con due gol (su rigore) all’attivo era Alex Stepney, il portiere. Fuori dalla League Cup in ottobre e dalla FA Cup in gennaio, l’unico obiettivo –proprio come accaduto l’anno prima- rimase la salvezza. Ad aprile tre vittorie fecero sperare, ma il pareggio a Southampton e la sconfitta contro l’Everton obbligarono la squadra a vincere alla penultima giornata, confidando al tempo stesso nella vittoria del Norwich contro il Birmingham. Peccato che alla penultima giornata fosse in programma il derby. Manchester United v Manchester City, Denis Law contro quel glorioso passato che lo rese Re.
27 aprile 1974, Old Trafford. Law torna a casa per la prima volta. Da avversario. Ad accoglierlo, poco meno di 60mila persone. Gli applausi si confondono coi fischi e con le urla. Il gioco è bloccato, la partita nervosa. La partita dello United è un mix di muscoli e nervi. Non esiste il tocco di fino o la giocata per incantare la platea. Serve solo vincere, attaccando a testa bassa.
Da parte sua, il City gioca di rimessa e l’unica conclusione in tutto il primo tempo è un tiro a lato da fuori area. Iniziano i secondi 45 minuti e la palla non vuole saperne di entrare: sugli sviluppi di un calcio d’angolo, Gerry Daly si trova completamente solo con la palla tra i piedi, si gira e spara a botta sicura. La folla esplode in un boato, ma è un boato strozzato all’ultimo secondo e ricacciato a forza giù per la gola: un difensore Citizen salva sulla linea negando il vantaggio ai padroni di casa.

Lo United si butta ancora in avanti in quello che diventa un vero e proprio assedio alla porta avversaria. Scoprirsi al contropiede ospite è la più scontata delle conseguenze, e una traversa del City è il monito della disfatta. Che, puntuale, arriva al minuto 84, poco dopo un miracolo di Alex Stepney sulla staffilata di Tueart da fuori area.
Sugli sviluppi di una palla persa sulla fascia sinistra, riparte il contropiede dei Citizens. Summerbee recupera palla e la cede a Colin Bell, che a sua serve Francis Lee all’altezza della mezzaluna. E’ il preludio al dramma. Allargatosi a sinistra rispetto alla porta, Lee manda il pallone rasoterra in piena area.
In quella frazione di secondo il tempo a Old Trafford pareva essersi fermato. In mezzo a tre maglie rosse della difesa dello United, ce n’è soltanto una blu. Ed è quella di Denis Law. Spalle alla porta, forse inconsciamente, tira fuori dal cilindro una delle sue giocate. Un colpo di tacco, di prima. Che finisce in porta. The King ha appena tradito quello che per dieci anni fu il suo popolo. E che come tale lo venerò. I compagni del City corrono ad abbracciarlo, ma la sua è una maschera che non lascia trasparire emozioni né soddisfazione per la prodezza appena realizzata. Lui, famoso per festeggiare ogni rete con il braccio destro alzato in segno di trionfo, in occasione di quella che non avrebbe mai voluto realizzare non riesce a dissimulare una fantomatica espressione di gioia. Cammina a testa bassa e si dirige a bordo campo. Sa di aver segnato l’unico gol della sua straordinaria carriera che mai avrebbe voluto realizzare. Il gol che condanna alla Second Division la sua ex squadra, quel Manchester United con cui vinse praticamente tutto. Il dolore è talmente grande che Law decide persino di non esultare e di farsi poi sostituire alla ripresa del gioco. Nel frattempo, i tifosi del City non riescono a contenere la propria gioia ed invadono il campo, costringendo l’arbitro a decretare la fine dell’incontro con qualche minuto di anticipo.
 
Quella partita passò alla storia come The Denis Law Game e quel colpo di tacco diventò per tutti “la rete che fece retrocedere lo United”. I Red Devils furono relegated al termine di un campionato disastrso, terminato con un bottino di 32 punti ottenuti in 42 partite: 10 vittorie, 12 pareggi e ben 20 sconfitte che decretarono il penultimo posto in classifica. E poco importa se alla fine sarebbero retrocessi ugualmente a causa del successo del Birmingham sul Norwich, che avrebbe reso vano ogni eventuale risultato positivo nel derby. In quel pomeriggio del 27 aprile 1972 si consumò una tragedia sportiva senza precedenti per la parte rossa di Manchester, amata e tradita da colui che per undici anni ne era stato forse il membro più rappresentativo. Lo stesso che si vendicò per essere stato scaricato senza troppi complimenti assestando il colpo di grazia.
 
A rendere il tutto più crudele, ci pensò a sua insaputa lo stesso Denis Law. Nell’agosto dello stesso anno annunciò infatti il ritiro dal calcio, deciso a malincuore per via della volontà del nuovo manager Tony Book di farlo giocare solo nella formazione riserve. Così Law, dopo aver preso parte ai mondiali con la Nazionale scozzese e segnato il suo ultimo gol in assoluto nella Texaco Cup contro lo Sheffield United, appese definitivamente le scarpe al chiodo il 26 agosto 1974. Quello segnato al Manchester United divenne di fatto l’ultimo goal segnato nella sua carriera in competizioni ufficiali. Un goal che lui stesso avrebbe preferito non gli venisse mai assegnato, ma che alla fine rimane il più famoso dei 265 realizzati nei 18 anni della propria vita dedicata al calcio: “Dopo 19 anni in cui avevo dato tutto quello che avevo pur di fare gol, alla fine ne avevo segnato uno che avrei quasi voluto non segnare”.
11 anni di prodezze, titoli, vittorie e riconoscimenti individuali non furono intaccati da una rete tanto bella quanto beffarda, dolorosa, ma soprattutto triste. Proprio come lo sguardo di Denis Law subito dopo quella magia di tacco, quando si rese conto del delitto perfetto appena compiuto. Eppure, a Old Trafford, nonostante una retrocessione subita all’ultima giornata, nel derby e per mano di colui che fino a qualche mese prima la folla riteneva un Re, le gesta di quel ragazzo scoperto e voluto da Sir Matt Busby rimangono tuttora una delle pagine più belle che un anziano tifoso dei Red Devils possa raccontare ai propri nipotini. Perchè, nonostante tutto, the King will always be the King.

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